| Nata nel 1998 in Belgio e oggi presente in più di 9 Paesi europei, SMart si propone di rispondere ai bisogni dei liberi professionisti che lavorano solitamente in condizioni atipiche e precarie. Nella pratica SMart si delinea come un intermediario tra il committente e il freelance, garantendo a quest’ultimo la certezza di essere pagato entro il 10 del mese successivo, indipendentemente dai tempi di pagamento del cliente. In questo meccanismo SMart trattiene l’8,5% sul pagamento al freelance.
Qual è il modello di SMart? SMart si fonda sul modello di organizzazione del lavoro mutualistico. Grazie alla percentuale di autotassazione di chi si affida a SMart, la cooperativa si è diffusa sul territorio europeo. Tutto il capitale raccolto attraverso l’autotassazione del lavoro dei soci è stato reinvestito in servizi: eventi, formazione, coworking, collezioni d’arte. Un successo che ha portato alla diffusione di SMart anche in altri Paesi, tra cui Francia e Italia. Che tipo di professionisti si rivolgono a SMart? SMart si rivolge in generale al modo di lavorare atipico. Nata per tutelare i lavoratori dello spettacolo dal vivo, del teatro e della musica, SMart si è sempre più aperta verso diversi campi professionali: traduzioni, copy, video, grafica, foto, ...
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Se la diversità in quanto tale è un valore che arricchisce, anche la coesistenza di diverse generazioni di lavoratori all'interno di una stessa organizzazione può portare vantaggi non indifferenti.
Le aziende si trovano oggi a dover gestire un "ecosistema" complesso a causa dell'allungarsi dei tempi pensionistici e dell'ingresso nel mondo del lavoro di una nuova generazione, per cui è possibile individuare ben cinque gruppi. Un mix di età che porta con sé valori, esperienze e aspirazioni differenti. C'è però il rischio di un gap generazionale che la rivoluzione digitale non ha fatto altro che accrescere. Eppure dal modo in cui si compongono le differenze tra le varie generazioni dipende il futuro delle imprese: perché gestire la diversità generazionale è uno strumento di crescita, un valore aggiunto che si rivelerà particolarmente strategico durante il passaggio generazionale. Sempre più spesso, quindi, si cerca di classificare i lavoratori in macro "Generazioni" legate all'anno di nascita e al periodo storico vissuto. Secondo molti studi, infatti, l'esser nati in un certo momento storico, influenza in modo più o meno determinante il proprio modo di pensare, di agire e di comunicare all'interno della società e del mondo del lavoro. Si tratta di generalizzazioni che non potranno mai eliminare le differenze individuali ma che possono comunque tornare utili come strumento euristico delle varie realtà aziendali. Quali sono queste generazioni? I tradizionalisti o veterani I lavoratori over 60, contraddistinti da un alto senso del dovere, vivono secondo i valori che hanno imparato negli anni del dopoguerra e sono rimasti fedeli a solo uno o due datori di lavoro in tutta la loro carriera, nutrendo un forte rispetto per l'autorità e le regole. Sul lavoro prediligono la comunicazione formale scritta o face-to-face. Con "time porosity" o "spill over" la letteratura giuslavoristica e manageriale si riferisce al fenomeno dell’invasione delle attività lavorative nel tempo della vita privata. Il fenomeno è dovuto principalmente alla maggiore disponibilità di una connessione a internet e agli smartphone, così come alle modalità organizzative flessibili (come lo smart working).
Dal 2017 le aziende francesi sono costrette a disciplinare i tempi e modi con i quali i dipendenti dovranno rispondere alle richieste al di fuori dell'orario di lavoro. La recente riforma del lavoro (Loi Travail), prevede infatti un "diritto alla disconnessione" per i dipendenti, fissando il principio della non reperibilità. I precedenti La legge francese in parte "insegue" una riflessione portata avanti negli ultimi anni da diverse multinazionali in modo autonomo: la necessità di rispettare il riposo dei propri manager o quadri, adottando codici di autoregolazione per le singole direzioni aziendali. Alcune grandi aziende come la compagnia elettrica Areva o quella di assicurazioni Axa, hanno già stabilito dei limiti ai messaggi fuori orario. In Deutsche Telekom nessun dipendente è più costretto a leggere la posta elettronica fuori dagli orari di ufficio. Sempre in Germania Volkswagen spegne i server mezz'ora dopo la fine dei turni e li riaccende trenta minuti prima dell’inizio. La retribuzione percepita è sempre stato un argomento di discussione delicato e di conseguenza è complicato avere dei termini di paragone, sia in azienda, sia al di fuori. E' inoltre difficile trovare informazioni statisticamente affidabili gratuitamente o a costi non esorbitanti. Dopo Glassdoor e altri strumenti pensati per le aziende, arriva LinkedIn Salary. Lo scopo di questo nuovo tool, non è tanto quello di aiutare le aziende nella comparazione delle retribuzioni aziendali con quelle di mercato, quanto aiutare i professionisti a prendere in modo ponderato decisioni per la carriera.
Come funziona Un ruolo decisivo è ricoperto dalla raccolta dei dati su cui si basa l'algoritmo di analisi e confronto. Nei mesi scorsi LinkedIn ha infatti chiesto a un milione di suoi utenti di fornire, in modo del tutto anonimo e volontario, l'importo del proprio salario. LinkedIn punta a sfruttare i dati che può raccogliere dagli oltre 460 milioni di utenti per effettuare una analisi approfondita della retribuzione totale percepita. L’algoritmo tiene conto del tipo di lavoro svolto, dell’area geografica, del grado di istruzione e degli anni di esperienza e fornisce un’analisi comparativa dei salari. Per un determinato Job Title, LinkedIn mostra il range percepibile come stipendio base, il variabile annuale, eventuali fringe benefits. Il principio di Peter è una tesi sulle dinamiche di carriera su basi meritocratiche all'interno delle organizzazioni. Noto anche come principio di incompetenza, fu formulato nel 1969 dallo psicologo canadese Laurence J. Peter, in un libro dal titolo "The Peter Principle".
Il principio descrive in termini satirici gli effetti dei meccanismi che governano la carriera aziendale dei lavoratori, evidenziandone i risultati paradossali. Il principio "In una gerarchia, ogni dipendente tende a fare carriera fino al proprio livello di incompetenza." In una organizzazione, le persone che dimostrano doti e capacità nella posizione in cui sono collocati, vengono promossi ad altre posizioni. Questa dinamica, di volta in volta, li porta a raggiungere nuove posizioni in un processo che si arresta solo quando accedono ad una posizione per la quale non dimostrano di possedere le necessarie capacità: tale posizione è il "livello di incompetenza".
Il bonus IRPEF di 80€, introdotto nel corso del 2014, è stato accolto in modo diverso dagli attori direttamente o indirettamente coinvolti. Visto favorevolmente dai dipendenti che hanno premiato in termini elettorali il PD alle europee, ha, dall’altro, scontentato i sindacati che si sono visti scavalcati nel loro ruolo di rappresentanti delle istanze dei lavoratori. Le aziende, invece, hanno potuto beneficiare di un iniziale e parziale rallentamento delle richieste di aumento retributivo da parte dei dipendenti con i redditi più bassi. A chi spetta il Bonus Renzi Il bonus spetta ai dipendenti con reddito IRPEF complessivo annuo compreso fra gli 8145€ e i 26000€. Nel dettaglio, le categorie di lavoratori ai quali spetta la detrazione fiscale, sono:
Inoltre, per determinare il reddito che dà diritto al bonus, bisogna sommare tutte le eventuali entrate che il lavoratore percepisce, escludendo solo la rendita dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, l’eventuale anticipo del TFR in busta paga previsto sempre dalla Legge di Stabilità, gli incentivi corrisposti per il rientro dei ricercatori in Italia. Da questo elenco si evince quanto sia difficile stimare a priori il reddito del dipendente e il diritto al ricevimento del bonus. La maggior parte di noi, quando riflette sui luoghi di lavoro, tende ad analizzare il rapporto professionale che ha con i suoi interlocutori. Tuttavia, una serie di studi sulle organizzazioni aziendali, enfatizzano l’importanza delle relazioni, soprattutto quando una comunità aziendale persegue l’obiettivo di efficacia ed efficienza.
Per “comunità aziendale” si intende l’insieme delle relazioni tra le persone che compongono il “sistema organizzativo aziendale” fondato sulla fiducia ed il rispetto, sul senso di appartenenza e, soprattutto, sulla consapevolezza di dover armonizzare obiettivi individuali e di gruppo. Avere consapevolezza di far parte di una comunità aziendale diventa molto importante per: Migliorare l’apprendimento organizzativo;
Con Age Management (branca del Diversity Management) si intende una serie di interventi aziendali strutturati e coerenti tra di loro, volti a valorizzare i punti di forza dei lavoratori a in considerazione della loro età anagrafica. La diversità di età, così come quella di genere, l'orientamento sessuale e culturale, se valorizzata, può aumentare il valore del capitale umano e influire positivamente sull'andamento dell'azienda.
La sfida alla base delle strategie dell'Age Diversity è quella di creare un equilibrio tra le diverse generazioni all’interno dell’organizzazione attraverso l’adattamento delle attività prevista dai ruoli. Una sistematica applicazione di buone pratiche nella gestione dell'età aiuterà le organizzazioni ad adeguarsi all’inevitabile invecchiamento della forza lavoro, a contribuire al prolungamento della vita lavorativa (spesso subito per legge dalle aziende), a promuovere le pari opportunità tra lavoratori di diverse fasce d’età. La buona riuscita delle politiche di Age Management dipende anche dalla capacità dell'azienda di non focalizzarsi solo sui lavoratori over 55 ma di prevedere un orizzonte temporale più lungo, analizzando la possibile presenza di conflitti di interesse generazionali. |








